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Indirizzi pubblici sul Web?

Indirizzi pubblici sul Web?

Riferimento: Shinynews

Nel progettare campagne di e-mail marketing o per l’invio di newsletter si ricorre spesso alla raccolta di indirizzi pubblici presenti online. Ma sono veramente pubblici tali indirizzi? In questo, sta la differenza tra un’azione legale e una illegale.

La legge 675/96 sulla Privacy ha lasciato qualche dubbio rispetto alla liceità o meno di spedizione di avvisi e-mail a indirizzi presenti sul Web. In Internet, infatti, sono disponibili milioni di indirizzi di posta elettronica: sui siti personali, nelle pagine aziendali, nei forum, sui newsgroup. Molte aziende, professionisti e semplici detentori di siti hanno spesso fatto ricorso a questi indirizzi “pubblici” per promuovere e far conoscere il proprio sito o la propria attività. Ma sono nel giusto? La risposta è chiaramente no.

I dubbi interpretativi

Molti attori hanno utilizzato quegli indirizzi “pubblici” semplicemente senza conoscere la legge sulla privacy. La legge 675/96 disciplina anche l’invio di e-mail di qualsiasi tipo. Intanto, la differenza tra e-mail con valore commerciale (pubblicitarie) o informativo è ininfluente ai fini della liceità. L’unica differenza riguarda le possibilità sanzonatorie (più pesanti per e-mail con valore commerciale).
Altri attori, pur conoscendo la legge 675/96 sono convinti di essere nel giusto perché male interpretano un punto (quello c) dell’articolo 12. Tale articolo riguarda i casi di esclusione del consenso e tra questi si citano i dati “provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque”. Naturalmente, l’esclusione del consenso vale per il primo invio: se un utente chiede di non ricevere più le comunicazioni, la sua volontà dovrà essere rispettata. Ma la norma vale soltanto per gli indirizzi pubblici. Quelli presenti online devono essere considerati tali?


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La soluzione del Garante

La risposta è assolutamente negativa. A chiarirlo, a più riprese, è stato lo stesso garante della privacy. In diverse decisioni, il garante ha detto chiaramente che la norma

“non si riferisce a qualunque dato personale che sia di fatto consultabile da una pluralità di persone, ma ai soli dati personali che oltre ad essere desunti da registri, elenchi, atti o documenti “pubblici” (in particolare in quanto formati o tenuti da uno o più soggetti pubblici), siano sottoposti ad un regime giuridico di piena conoscibilità da parte di chiunque”.


Il concetto giuridico chiave, invocato dal garante a sostegno di questa tesi è quello per cui “la conoscenza di fatto degli indirizzi ... non può essere disgiunta dalla finalità per cui essa avviene”. In sostanza, un utente pubblica il suo indirizzo e-mail su un sito, in un newsgroup o in un forum per certe finalità, e tale indirizzo non può essere dunque utilizzato per altre finalità.

Le conclusioni
Pertanto è da considerarsi illegale la spedizione di e-mail a indirizzi pubblicati sul Web sia che la raccolta di tali dati avvenga, per così dire, manualmente, a uno a uno, sia che essa sia affidata a strumenti automatici, cioè a specifici software che scandagliano la rete per raccogliere gli indirizzi, come gli spider.
Lo spamming, purtroppo, rappresenta ancora un danno enorme alla rete e allo sviluppo dell’e-commerce, come dimostrano gli ultimi dati. Tutti devono iniziare ad avere una coscienza diversa del fenomeno, anche quando si crede di non attuarlo.

 




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